martedì 18 ottobre 2011

La strategia di comunicazione del black bloc

Come si temeva, la manifestazione "indignata" di Roma, nata con le migliori intenzioni, è stata vittima degli atti di vandalismo e di distruzione di massa perpetrati dal solito manipolo di idioti (autonomi o radio-comandati...chissà??). Sorvolando sul patetico e reciproco lancio ex-post di accuse da una parte politica verso l'altra, secondo me è invece interessante notare come, a 10 anni da dal G8 di Genova, il cuore della strategia di "comunicazione" del black bloc non sembra essere cambiato per nulla: utilizzare manifestazioni autonome e (di per sè pacifiche) per ottenere visibilità e divulgare il proprio "messaggio".

Riflettendoci, tutto ciò non è poi così differente (come logica intendo, non certo per output finali) da quello che fanno gli streakers, che corrono nudi sui campi di uno stadio gremito mentre si giocano partite di rugby o calcio: rubare l'attenzione mediatica di un evento importante tramite l'attuazione di gesti estremi completamente slegati dal medesimo.

Lo streaking nasce come fenomeno di protesta culturale verso i valori borghesi della società occidentale. Nel libro "Consumer Behavior and Culture", la studiosa olandese Marieke de Mooij afferma che "nei paesi in cui la nudità non suscita uno shock, non c'è diverimento nello streaking". I BB, similmente, esistono come gruppo "culturale" (?) perchè creano, oggi a Roma come ieri a Genova, e propagano nella società civile (che partecipa e/o osserva civilmente un dato evento) un messaggio di protesta verso la società stessa e la sua cultura. Un messaggio fondato, appunto, su uno "shock" di inciviltà.

Teppismo puro assimilato a pacifiche manifestazioni di goliardia ed eccentricità? Assolutamente no, però il meccanismo di fondo delle strategie di marketing di BB e streakers pare combaciare a grandi linee. Ma con la differenza sostanziale che gli uni attuano la loro "azione di comunicazione" mostrandosi come Madre Natura li ha fatti, gli altri armeggiando spranghe, incappucciandosi e vestitendosi di tutto punto.

sabato 15 ottobre 2011

Steve, l'uomo che ha cambiato il mondo?


Ieri sera ero con 2 amici nella Feltrinelli di Piazza dei Martiri. Ad un certo punto ci imbattiamo in un foglio A4 attaccato a una parete del piano inferiore su cui campeggia la scritta (a caratteri cubitali) "L'uomo che ha cambiato il mondo". E sotto il foglio una caterva di libri su di lui, Steve Jobs: "L'uomo che ha inventato il futuro", "Il segreto del successo di Steve Jobs", "Vita, morte e i miracoli di Steve Jobs", "Fitness e Bellezza: i consigli di Steve Jobs" ecc.... L'altro giorno Nichi Vendola (giustamente) fa un bel cazziatone al gruppo SEL di Roma per il (fin troppo) populista e fuori luogo manifesto che ricordava l'imprenditore americano...Oggi vedo on-line una foto della prima statuetta del presepe raffigurante Steve Jobs, fatta a San Gregorio Armeno...

Fino a ieri pensavo ingenuamente che per essere il "cambiatore" del mondo dovevi aver salvato almeno qualche milione di vite o aver inventato qualcosa di "indispensabile" per il netto miglioramento delle condizioni di vita dell'umanità.


Non è che forse la società contemporanea ha perso definitivamente quello che i professionisti della valutazione chiamano "standard", il benchmark di riferimento?

Per questo, l'uomo che ha davvero cambiato il nostro mondo attuale non è stato il nostro SJ. Ma chi ha fatto sì che SJ potesse essere percepito, appunto, come il nuovo standard di eccellenza dell'umanità, come "l'uomo che ha cambiato il mondo" anche da persone appartenenti alla cosiddetta upper-class. Molto peggio dell'idolatria che il ragazzino può nutrire per il calciatore o la ragazzina per la velina...

PS: ho letto un milione di volte in questi giorni, dappertutto, la celebre frase di SJ "Stay Hungry, Stay Foolish". Si, ok, è bello, cool, figo, inspiring...ma forse il messaggio di questo slogan non è proprio tanto tanto tanto innovativo, vero Erasmo da Rotterdam???




 
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