martedì 10 aprile 2012

La grana padana e il valore legale del titolo di studio

Nel recente scandalo che ha coinvolto i nostri amici Leghisti un aspetto particolare fra i tanti, a mio avviso, merita una riflessione: l'accanimento con cui gente come il Trota e aspiranti Frank Sinatra come Pier Mosca (presunto toy-boy della Vice-Presidente del Senato della Repubblica Italiana) ambivano al "pezzo di carta", una laurea comprata da università fasulle in giro per l'Europa.

Perchè gente tanto rozza e volgare (dimenticavo, Kooly Noody...questo è il titolo della hit del nostro mitico cantastorie leghista) vuole una laurea da appendere al muro quando già possiede (o utilizza) ville, auto di lusso e via discorrendo? Cosa se ne fanno di una laurea queste persone, soprattutto quando questa non è stata il risultato finale di un processo formativo utile a farle uscire dalla loro ignoranza padana?

Una risposta secondo me plausibile è nel tanto dibattuto valore legale del titolo di studio. In Italia sono oltre 60 anni (dai tempi di Luigi Einanudi) che si dibatte sulla necessità o meno di conferire al titolo di studio un valore legale per accedere, per esempio, ai concorsi pubblici. Attualmente è aperto un sondaggio sul sito MIUR per comprendere il pensiero degli Italiani sull'argomento (sebbene tuttavia il sistema di raccolta dati e il questionario facciano acqua da tutte le parti).

Renzo Bossi e i suoi simili di certo con il pezzo di carta acquistato a suon di Euro non ambivano al posto pubblico (ma poi in Padania o in Italia?). Semplicemente tentavano di arrivare a quello "status symbol" (ma esiste ancora davvero?) che un diploma di laurea dovrebbe offrire aggirando il sistema ufficiale (certamente in parte criticabile e revisionabile) tramite cui ci si arriva nel nostro Paese. La laurea non ha solo un valore legale. Ma nell'immaginario collettivo nostrano ha sempre avuto (seppur oggi molto meno) anche un valore socio-relazionale (se non sei laureato non potresti sedere confortevolmente a certi tavoli o esser trattato da pari da certi personaggi...). Sulla solidità e sulla correttezza di questa opinione ai giorni nostri si potrebbe a lungo discutere, ma tant'è.

Pensiamo ora a cosa i nostri amici leghisti avrebbero fatto se non ci fosse stato questo fastidioso vincolo di legalità del pezzo di carta? Semplicemente sarebbero andati in qualche istituto di alta formazione padano (ma con sede nel territorio Italiano) e avrebbero ritirato la loro pergamena (quasi) senza colpo ferire. L'unica similitudine tra questo scenario e quanto realmente avvenuto sarebbe stata l'origine dei soldi con cui Renzo e Pier si pagavano la loro laurea: le nostre tasse. E lo stesso avrebbe potuto fare chiunque aprendo i cordoni della borsa.

A questo punto, la domanda è: una nazione per crescere ha più bisogno di una classe dirigente composta da tanti Dottor Trota, che potrebbero anche aver conseguito la loro laurea trovandola in una busta di patatine, oppure da tanti Dottor X, di cui si ha una minima (ripeto e sottolineo minima) cognizione delle loro competenze e nozioni?


 
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